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Ottobre 2023 / INVESTMENT INSIGHTS

Al passo con la transizione energetica

La transizione energetica ha vaste implicazioni economiche, politiche e di investimento.

SINTESI

Il forte rincaro dei prezzi del petrolio nel 2022 ha contribuito all’emergere di posizioni anti-ESG negli Stati Uniti e, parallelamente, la crisi energetica ha costretto alcuni mercati europei a fare un passo indietro nella transizione verso l'energia pulita. Malgrado queste difficoltà, la crisi energetica, unita alle crescenti tensioni geopolitiche, potrebbe aver creato le giuste premesse per un’accelerazione della transizione energetica. La transizione energetica è una sfida monumentale che richiederà molti decenni: è profondamente complessa e il suo successo o il suo fallimento non possono essere misurati in base a percentuali di incremento annuali. L’evoluzione dei diversi fattori che determinano la domanda e l'offerta di energia provocherà una serie di alti e bassi. 

Nel 2020 e 2021, gli osservatori di mercato erano ansiosi di annunciare l'imminente morte del settore dei combustibili fossili. I prezzi del petrolio e del gas avevano subito forti ribassi per via dell'impatto della pandemia sulla domanda di energia e gli investitori avevano ridotto le loro partecipazioni nel comparto energetico, lasciando il settore con valutazioni molto basse. All’uscita dai lockdown la domanda è risalita, facendo lievitare i prezzi del petrolio e del gas. A ciò ha fatto seguito l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, che ha causato una grave interruzione delle forniture da parte di uno dei maggiori esportatori mondiali di petrolio e gas. I media e altri commentatori hanno cambiato discorso, preannunciando adesso la fine dell’ESG.

La realtà è che entrambe le reazioni sono state troppo miopi e allarmistiche. La transizione energetica è una sfida monumentale che richiederà molti decenni: è profondamente complessa e il suo successo o il suo fallimento non possono essere misurati in base a percentuali di incremento annuali. Un modo comunemente adottato per illustrare la transizione energetica è quello prende in considerazione il mix energetico necessario per raggiungere lo zero netto1 entro il 2050 e rimanere all'interno di un percorso che mantenga il riscaldamento climatico al di sotto di 1,5°C2 . Trattandosi di uno scenario a lungo termine, si tende ad illustrarlo come una transizione lineare, il che può creare una percezione troppo semplicistica del viaggio. La realtà è che sarà un percorso fatto di alti e bassi a causa dei diversi fattori che determinano l'offerta e la domanda di energia. La prospettiva semplificata di una transizione rettilinea sarà in definitiva costellata da diversi colpi di scena.

Nel 2022, sulla scia della ripresa economica post-pandemia e della crisi energetica, il tono e la retorica sulla transizione energetica sono diventati decisamente negativi; tuttavia, se ci soffermiamo sul ritmo del cambiamento, riteniamo che ci siano molti fattori positivi da considerare. Innanzitutto, uno sguardo alle rivoluzioni tecnologiche passate ci permette di capire che le tensioni sociali che stiamo vivendo oggi sono fenomeni abbastanza normali per questo tipo di cambiamento: in passato, hanno segnato punti di svolta che hanno inaugurato periodi di prosperità economica. In secondo luogo, la transizione energetica sta compiendo diversi passi avanti e le cifre globali potrebbero non rappresentare gli indicatori più eloquenti. In terzo luogo, le idiosincrasie della transizione energetica (rispetto ad altre rivoluzioni tecnologiche) faranno della regolamentazione un fattore critico di successo o di fallimento. 

Rivoluzioni tecnologiche del passato: gli sconvolgimento sociali hanno lasciato il posto alla crescita

Le rivoluzioni tecnologiche del passato evidenziano uno schema nel quale le nuove tecnologie hanno soppiantato industrie consolidate e distrutto posti di lavoro su vasta scala, ma che ha visto in seguito l’arrivo di prolungati periodi di prosperità. Poiché la mobilitazione di capitale produttivo nelle nuove tecnologie è trainata dal capitale finanziario, non è raro che si verifichino bolle e crolli degli asset, che a loro volta rivelano le disuguaglianze emerse a causa delle nuove tecnologie. Nel loro studio intitolato "Technological Revolutions: Which Ones, How Many and Why It Matters: A Neo-Schumpeterian View", Carlota Perez e Tamsin Murray  Leach mostrano come ogni rivoluzione tecnologica abbia avuto un “punto di svolta” che ha preannunciato un'età dell'oro caratterizzata da una solida dinamica di sviluppo. Se nel breve periodo le rivoluzioni tecnologiche tendono a creare volatilità e possono distruggere molti posti di lavoro, a lungo termine tendono a creare più posti di lavoro, anche se spesso in nuovi settori o aree geografiche.

In particolare, possono emergere nuovi posti di lavoro in aree non immaginabili prima. Tuttavia, queste nuove opportunità possono non corrispondere alle competenze esistenti dei disoccupati, soprattutto se create fuori dai nuovi settori ad alta tecnologia o in aree geografiche diverse. Ad esempio, l'era del petrolio, delle automobili e della produzione di massa ha portato a un aumento della vita nei sobborghi degli Stati Uniti, generando una domanda di alloggi e nuovi modelli di consumo.

Dato il livello di sradicamento sociale e di recessione che inevitabilmente ha fatto seguito a bolle e crolli degli asset, non è stato raro assistere a un aumento del populismo e a una maggiore divisione politica. Storicamente, i punti di svolta recessivi sono seguiti da anni d’oro per la crescita economica, quando la nuova tecnologia passa da un'applicazione di nicchia a una più ampia.

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