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Giugno 2022 / INVESTMENT INSIGHTS

Perché siamo più favorevoli alla duration

I principali indicatori suggeriscono che i rendimenti hanno raggiunto il picco

Punti essenziali

  • Dopo aver adottato posizioni di duration sottopesate lo scorso anno, molti dei nostri gestori di portafogli obbligazionari hanno iniziato a incrementare la duration nei loro portafogli.
  • I principali indicatori di crescita, inflazione e politica monetaria suggeriscono che i rendimenti potrebbero aver raggiunto il picco e potrebbero persino diminuire.
  • Inoltre, il ritorno della correlazione negativa tra azioni e obbligazioni, la stabilità dei rendimenti dei Treasury USA e il calo della volatilità dei tassi d’interesse sono fattori favorevoli.

Dopo aver adottato posizioni di duration sottopesate in tutte le nostre piattaforme di investimento nella seconda metà dello scorso anno, molte delle nostre strategie obbligazionarie stanno riportando la duration su posizioni neutrali o lunghe. Il motivo è semplice: riteniamo che i rendimenti dei Treasury USA abbiano probabilmente raggiunto il picco nel medio termine e che oggi sia quindi un buon momento per detenere duration. Le ragioni di questa convinzione sono molteplici e le analizziamo più avanti.

Formulare previsioni sui rendimenti è un processo semplice, ma non è mai scontato. Il nostro approccio si concentra sui tre principali driver fondamentali dei rendimenti: crescita, inflazione e politica monetaria. Nell'esaminare ciascuno di questi fattori, prestiamo molta più attenzione al tasso di variazione sottostante che al livello in un determinato momento.

Tre indicatori principali suggeriscono che il picco è stato raggiunto

Consideriamo la crescita: riteniamo che le prospettive di crescita a breve degli Stati Uniti siano negative a causa dell’incombente prospettiva di una riduzione della spesa fiscale, di un inasprimento delle condizioni finanziarie (come testimoniato dal forte aumento dei tassi ipotecari statunitensi, dal rafforzamento del dollaro e dalla debolezza del mercato azionario) e di un calo del potere d’acquisto dovuto all’elevata inflazione. Tutti questi fattori condizioneranno negativamente la crescita per il resto dell’anno. Difatti, la National Association for Business Economics ha già rivisto al ribasso le previsioni di crescita degli Stati Uniti per il 2022, portandole all’1,8% rispetto alla previsione mediana del 2,9% di febbraio e, soprattutto, i dati recenti sono già inferiori a queste previsioni. A compensare questi ostacoli alla crescita c’è il bassissimo tasso di disoccupazione degli Stati Uniti, che sarà probabilmente sufficiente a convincere la Federal Reserve a proseguire lungo il percorso di rialzo dei tassi.

Prevedere l'inflazione è stata un'impresa folle

(Fig. 1) I prezzi al consumo hanno superato ampiamente le aspettative

Prevedere l'inflazione è stata un'impresa folle

Al 30/04 2022.
Non vi è alcuna garanzia che le previsioni formulate si realizzino.
Fonte: Bloomberg Finance L.P.

La seconda area che esaminiamo è l’inflazione. Formulare previsioni corrette sull’inflazione è stato praticamente impossibile negli ultimi 18 mesi: l’imprecisione di alcune di esse ha raggiunto proporzioni epiche (Figura 1). Tuttavia, le cose stanno finalmente cominciando a cambiare: le aspettative d’inflazione hanno smesso di aumentare e i nuovi dati sono per lo più in linea con le aspettative.

Formulare previsioni corrette sull’inflazione è stato praticamente impossibile negli ultimi 18 mesi...

- Andrew McCormick Head of Global Fixed Income

Si tratta di uno sviluppo significativo che ci indica che abbiamo probabilmente raggiunto il picco dell’inflazione negli Stati Uniti e, di conseguenza, il picco dei rendimenti. È certamente un picco elevato, ma - come già detto - siamo più interessati al tasso di variazione che al livello. È facile capire come siamo arrivati a questo punto: la volatilità dell’inflazione ha spinto la Fed ad iniziare seriamente a mettersi al passo lo scorso settembre, poi questa volatilità della politica monetaria ha portato alla volatilità dei tassi d’interesse, all’aumento dei rendimenti e alla volatilità generale dei mercati. Ora sembra che il vento stia cambiando.

...la Fed, pur restando orientata verso un approccio aggressivo, ha rinunciato ad accelerare la sua politica.

- Stephen Bartolini Portfolio Manager, Fixed Income Division

Lo si vede anche nella nostra terza area di interesse, la politica monetaria. Anche se si prevede che la Fed porti avanti la stretta fino all’anno prossimo, nella conferenza stampa successiva all’ultima riunione il presidente Jerome Powell ha categoricamente escluso un rialzo di 75 punti base, optando invece per un aumento di 50 punti base. L’esclusione di un rialzo di 75 punti base, che avrebbe rappresentato la stretta più aggressiva dal 1994, lascia supporre che la Fed, pur restando orientata verso un approccio aggressivo, abbia rinunciato ad accelerare la sua politica. E se abbiamo raggiunto un picco nel rigore della politica monetaria nello stesso momento in cui l’inflazione sta raggiungendo il suo picco e la crescita sta rallentando, allora è ragionevole affermare che l’“Atto 1” dell’attuale fase dei mercati finanziari è terminato e che, di conseguenza, questo dovrebbe essere il miglior momento per detenere duration (Figura 2).

L'"Atto 1" dell'attuale fase dei mercati è probabilmente concluso

(Fig. 2) I tre fattori fondamentali indicano un calo dei rendimenti 

L'"Atto 1" dell'attuale fase dei mercati è probabilmente concluso

Fonte: T. Rowe Price. 

Altri dati confermano questa tesi

Oltre alle tre aree sopra descritte, altri dati corroborano la nostra opinione secondo la quale i rendimenti potrebbero aver raggiunto il picco e i driver fondamentali sopra menzionati avranno la precedenza. Il primo è la correlazione tra azioni e obbligazioni. Per gran parte di quest’anno, le azioni sono scese in concomitanza con l’aumento dei rendimenti obbligazionari (i prezzi e i rendimenti delle obbligazioni si muovono in direzioni opposte) - in altre parole, sono state correlate positivamente. Non si tratta di un evento positivo, perché significa che le azioni e le obbligazioni non si sono coperte a vicenda come invece è accaduto storicamente. Negli ultimi tempi, tuttavia, la tradizionale correlazione negativa tra azioni e obbligazioni è ripresa: i rendimenti sono scesi di pari passo con i mercati azionari, il che significa che le obbligazioni sembrano essere tornate a essere una copertura efficace per le azioni. Ciò potrebbe rivelarsi utile nel prossimo futuro, poiché è improbabile che la Fed sospenda il ciclo di rialzi in risposta a eventuali ribassi dei mercati azionari, come ha fatto in passato, data la sua forte attenzione all’inflazione.

Un altro segnale incoraggiante è che il rendimento benchmark del Tesoro USA a 10 anni sembra essersi stabilizzato. A inizio maggio aveva superato il 3% per la prima volta da dicembre 2018 e da allora è sceso poco sotto il 3%, suggerendo che esiste una forte domanda intorno al livello del 3% e che gli investitori hanno probabilmente coperto le loro principali posizioni di duration breve. Allo stesso tempo, anche la volatilità dei tassi di interesse ha iniziato a ridursi leggermente, il che è importante non solo per quanto riguarda gli incrementi di duration, ma anche per il rischio di mercato in generale.

Nel complesso, quindi, sembra che i fattori che hanno provocato un aumento così vertiginoso dei rendimenti - volatilità dell’inflazione, volatilità della politica monetaria, volatilità dei tassi d’interesse e volatilità del mercato - stiano iniziando a indebolirsi. Non è ancora chiaro se la tendenza si invertirà, ma sembra che in molte aree si sia raggiunto il punto in cui le cose hanno smesso di peggiorare. È quindi probabile che i rendimenti si stabilizzino e possano addirittura diminuire se il rischio di recessione aumenterà. È probabile che riprenda anche la tendenza all’appiattimento della curva dei rendimenti che si verifica tipicamente durante i cicli di inasprimento della Fed.

Uno sguardo alla fase successiva

Il rischio maggiore per la nostra visione positiva sulla duration è rappresentato dall’inflazione. Se l’inflazione continuerà a superare le aspettative, la nostra convinzione che questo sia in generale un buon momento per incrementare la duration sarà smentita. Ma anche in questo caso i dati sembrano avvalorare la nostra tesi. Il differenziale tra i Treasury inflation protected securities (TIPS) e i Treasury nominali di pari scadenza (l’indicatore di mercato delle aspettative di inflazione) ha smesso di muoversi al rialzo qualche mese fa e ha iniziato a scendere. Come ulteriore segnale di calo delle pressioni inflazionistiche, i prezzi delle materie prime, indicatore principale dell’inflazione, hanno cominciato a diminuire.

Allo stato attuale, ci aspettiamo che la Fed aumenti i tassi di 50 punti base nelle riunioni di giugno e luglio, poi di 25-50 punti base a settembre e di 25 punti base in ogni riunione successiva fino a marzo del prossimo anno. Ciò porterebbe il tasso sui fed funds a superare il 3% entro l’inizio del 2023, nettamente al di sopra del tasso “neutrale” previsto dalla Fed (il livello stimato in cui un’economia non si surriscalda né rallenta), pari a circa il 2,4%.

A quel punto, riteniamo che la crescita si stabilizzerà o che assisteremo a una recessione. Le probabilità di quest’ultima sono aumentate dato che la Fed inasprisce la sua politica in un momento in cui la crescita rallenta, anche se è difficile ipotizzare una grave recessione finché il mercato del lavoro rimarrà forte come oggi. In entrambi i casi - atterraggio morbido o recessione lieve - sembra che la fase di aumento dei rendimenti e di elevata volatilità dei tassi sia probabilmente finita e che stia per iniziare la fase successiva del ciclo, motivo per cui molti dei nostri gestori di portafogli obbligazionari hanno iniziato ad incrementare la duration dei loro portafogli.

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Il materiale ha solo scopo informativo e/o di marketing e non è un consiglio o una raccomandazione di investimento. Consigliamo ai potenziali investiori di richiedere una consulenza legale, finanziaria e fiscale indipendente prima di assumere qualsiasi decisione di investimento. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Il valore di un investimento puó oscillare e gli investitori potrebbero non ottenere l'intero importo investito.

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