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Gennaio 2021

Gli accordi UE-UK lasciano questioni irrisolte

Ma l'esclusione di alcune aree crea opportunità di "revisione"

L'attesa è finalmente finita. Quattro anni e mezzo dopo il referendum sulla Brexit, il Regno Unito è uscito dal mercato unico e dall'unione doganale dell'UE, lasciandosi alle spalle un accordo politico ed economico che era in vigore dal 1973. Tuttavia, mentre l'accordo commerciale raggiunto tra le due parti fa chiarezza in alcune aree, rimane una grande incertezza su cosa significherà in pratica la Brexit.

Quentin Fitzsimmons e Tomasz Wieladek, esperti Brexit di T. Rowe Price basati nel Regno Unito, forniscono una panoramica dell'attuale stato dell'arte.

Cosa è successo dal nostro ultimo aggiornamento?

Dopo mesi di negoziati impegnativi, il 24 dicembre 2020, il Regno Unito e l'UE hanno finalmente accettato l'accordo sugli scambi e la cooperazione (TCA, Trade and Cooperation Agreement), che copre le loro relazioni commerciali e di sicurezza post-Brexit. È stato un risultato conquistato a fatica: da quando il Regno Unito ha ufficialmente lasciato l'UE, il 31 gennaio 2020, i colloqui per determinare la futura relazione tra i due blocchi sono proseguiti a singhiozzo sullo sfondo di una pandemia globale, con entrambe le parti che accusavano l'altra di recalcitranza e inflessibilità. Sebbene il raggiungimento di un accordo di qualche tipo sia sempre stato il risultato più probabile, la prospettiva di un possibile fallimento ha tenuto i mercati con il fiato sospeso fino alla fine. Una Brexit senza accordo è sempre stata, di fatto, un'opzione possibile.

Quella che abbiamo ottenuto invece sarebbe stata definita una “hard Brexit” ai tempi del referendum. L'accordo commerciale senza tariffe e "quote" significa che non ci saranno nuove tasse da pagare sulle merci interamente realizzate nel Regno Unito o nell'UE. Tuttavia, la clausola sulla denominazione di origine prevista dall'accordo comporta che le aziende britanniche che vendono beni contenenti componenti fabbricati al di fuori del Regno Unito o dell'UE possano essere soggette a imposta sul valore aggiunto e dazi all'importazione. Anche le barriere non tariffarie aumenteranno, poiché il commercio tra il Regno Unito e l'UE è soggetto a una serie di nuovi regolamenti, controlli e burocrazia. Il governo del Regno Unito ha stimato che ci saranno altri 215 milioni di moduli di dichiarazione doganale per le imprese britanniche che importano o esportano merci, con potenziali ritardi in porti come quello di Dover.

Preoccupa la scarsa copertura dell'accordo sugli scambi e la cooperazione (TCA, Trade and Cooperation Agreement) in tema di servizi, che sono la principale attività di esportazione del Regno Unito.

- Quentin Fitzsimmons, Portfolio Manager Fixed Income

Sebbene alcuni di questi attriti avranno un impatto permanente sullo scambio di merci, la maggior parte dei costi di aggiustamento dovrebbe avere un impatto di breve durata e di natura temporanea, con le imprese che su entrambi i fronti si adatteranno al nuovo regime commerciale. Preoccupa di più la scarsa copertura dell'accordo in tema di servizi, che sono la principale attività di esportazione del Regno Unito. Sebbene alcuni servizi, come quelli legati al settore legale, siano coperti dall'accordo, molti altri non lo sono. L'industria britannica dei servizi finanziari, per esempio, dovrà fare affidamento sull'ottenimento della cosiddetta "equivalenza" da Bruxelles per fornire nell'UE  gli stessi servizi che offriva prima (un accordo di equivalenza riconosce che le normative di un Paese terzo sono equivalenti a quelle dell'Unione Europea, consentendo alle aziende di entrambi i territori di operare nelle rispettive giurisdizioni).

Il Regno Unito e l'UE dovrebbero firmare un memorandum d'intesa sulla regolamentazione e la cooperazione dei servizi finanziari entro marzo, ma probabilmente verrà solo stabilito un processo su come impegnarsi su queste questioni in futuro. La Commissione europea probabilmente concederà l'equivalenza solo dopo aver valutato la divergenza normativa, avendo un forte interesse economico nel concedere l'equivalenza solo a quelle aree in cui Londra ha un forte vantaggio competitivo e che non possono essere facilmente replicate nell'Unione Europea. Sembra quindi improbabile che il settore dei servizi finanziari godrà dello stesso livello di accesso precedente alla Brexit.

In pratica, al momento l'attuale accordo è più vicino a un "no deal" per quanto riguarda i servizi finanziari, un aspetto che è motivo di preoccupazione dato che, secondo la Corporation of London, i servizi finanziari contribuiscono al 10,5% di tutte le entrate fiscali del Regno Unito, e  circa il 40% delle esportazioni del settore sono dirette verso l'UE. Tuttavia, nelle aree in cui l'equivalenza non è concessa, un sostanziale "no deal" implica che il Regno Unito sia libero di allontanarsi dalle regole UE e aumentare la sua competitività senza subire conseguenze tariffarie da parte del blocco comunitario.

Che succede ora?

Il commercio in molte aree rimarrà bloccato a causa dei lockdown imposti dal coronavirus, con molte aziende britanniche che hanno accumulato merci provenienti dall'UE prima del 31 dicembre. Allo stesso tempo, la UK Border Force ha affermato che applicherà il nuovo regime doganale solo dopo giugno 2021. Questi fattori oscureranno l'impatto iniziale dell'uscita del Regno Unito dal mercato unico e dall'unione doganale. Le implicazioni normative a lungo termine dell'accordo sugli scambi e la cooperazione diventeranno chiare solo quando la pandemia sarà alle nostre spalle.

Allo stato attuale, quindi, non si sa ancora come il commercio di merci opererà nel lungo termine. Una volta che tutto diventerà chiaro, le imprese capiranno se il commercio transfrontaliero diventerà proibitivamente costoso.

Per quanto riguarda i servizi, i negoziati sull'accesso al mercato continueranno ancora per qualche tempo. Resta da vedere fino a che punto si spingerà il memorandum d'intesa di marzo tra l'UE e il Regno Unito, se verrà raggiunta un'intesa, ma è probabile che Bruxelles adotterà un approccio "wait and see" per eventuali futuri accordi di equivalenza. In questo scenario, ci vorrà ancora un po' prima che venga raggiunto un accordo significativo UE-Regno Unito sui servizi finanziari.

Un cambio di regime eccezionale, che rappresenta un'opportunità

Nel breve termine, le prospettive economiche del Regno Unito dipendono sia dai costi di aggiustamento commerciale dovuti alla Brexit sia dall'evoluzione della pandemia. Mentre scorte, circolazione limitata (a causa del coronavirus) e minori controlli da parte delle forze di frontiera del Regno Unito mitigheranno la disruprion, è probabile che l'impatto dei costi di adeguamento della Brexit sulla produzione diventerà evidente nel corso di questo primo trimestre. Ciò probabilmente peserà sui rendimenti dei Gilt britannici e sulla sterlina.

Essere fuori dalle normative UE potrebbe far aumentare l'orario di lavoro in UK

La direttiva sull'orario di lavoro ha fatto diminuire le ore settimanali

Essere fuori dalle normative UE potrebbe far aumentare l'orario di lavoro in UK

Dati al 31 dicembre 2019.

Fonte: OCED/Haver Analytics.

 

Tuttavia, il Regno Unito sta vaccinando la sua popolazione a un ritmo più veloce rispetto ai Paesi Ue. Questo significa che, in assenza di nuovi focolai del virus resistenti ai vaccini, il Regno Unito dovrebbe essere in grado di emergere più rapidamente dal lockdown. Un'uscita anticipata (di 3-4 settimane) dalle misure restrittive del Regno Unito rispetto all'UE rafforzerà probabilmente la sterlina contro il dollaro e porterà a un aumento dei rendimenti dei Gilt entro la primavera, visto che gli investitori si rivolgeranno ad attività più rischiose.

...ci vorrà tempo prima che venga stabilito un nuovo equilibrio economico.

- Tomasz Wieladek, International Economist

L'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea rappresenta un importante cambiamento di regime e ci vorrà del tempo per stabilire un nuovo equilibrio economico. Gli attriti commerciali discussi finora avranno probabilmente alcuni effetti negativi a medio termine sul prodotto interno lordo (PIL) del Regno Unito, ma il Paese potrà compensarli se utilizzerà la sua nuova libertà normativa in modo intelligente. Questo può essere fatto in tre modi.

...il governo del Regno Unito potrebbe ritirare il limite massimo sui bonus bancari imposto dall'UE.

- Quentin Fitzsimmons, Fixed Income Portfolio Manager

In primo luogo, potrebbe deregolamentare aree dell'economia che non sono coperte dall'accordo, come il settore dei servizi finanziari. Per esempio, il governo del Regno Unito potrebbe eliminare il limite massimo imposto dall'UE sui bonus bancari. Permettere alle società, anziché alla legge, di assegnare una retribuzione variabile molto più elevata in aggiunta a una retribuzione fissa inferiore consentirebbe una riduzione maggiore in fase di crisi della parte variabile, limitando la necessità di salvataggi finanziati dai contribuenti. Certo, come in ogni riforma finanziaria, un'eccessiva deregolamentazione potrebbe portare a maggiori cicli "boom & bust". Tuttavia, l'apparato di regolamentazione del Regno Unito istituito dopo la crisi finanziaria globale, che ha attribuito grande attenzione agli stress test per valutare la resilienza del sistema finanziario in presenza di qualsiasi genere di riforma, contribuirà a mitigare questi rischi.

Una seconda opzione sarebbe quella di ridurre l'attuazione di alcune regole essenziali UE nel Regno Unito. Ciò aumenterebbe la competitività senza attivare ritorsioni sotto forma di tariffe in relazione a violazioni del "level playing field". Per esempio, la direttiva sull'orario di lavoro dell'Unione Europea richiede un minimo di quattro settimane di ferie annuali retribuite per i dipendenti a tempo pieno, che nel Regno Unito corrispondono a 5,6 settimane (quattro settimane a cui si aggiungono le festività britanniche). Una riduzione delle ferie di una settimana all'anno, magari consentendo ai dipendenti di rivendere parte del diritto alle ferie al datore di lavoro o aumentando l'orario di lavoro di un'ora a settimana, potrebbe aumentare il PIL potenziale del Regno Unito del 2% (l'orario di lavoro settimanale medio del Regno Unito è diminuito quando è stata attuata la riforma nel 1998). Chiaramente, ci saranno resistenze politiche a tali cambiamenti nel mercato del lavoro, ma è proprio questo tipo di riforme che offre i maggiori vantaggi economici nel medio termine.

Infine, il governo del Regno Unito potrebbe sfruttare lo slancio politico offerto dalla Brexit per spingere sulla riforma economica in aree estranee alla Brexit e all'UE, come la riforma del "planning system". Ciò aumenterebbe la costruzione di alloggi e allo stesso tempo abbasserebbe i costi, provocando uno shock di offerta economicamente significativo e positivo per l'economia del Regno Unito. Allo stesso tempo, la domanda di manodopera edile aumenterebbe, sostenendo probabilmente la crescita dei salari nel settore delle costruzioni in tutto il Paese.

Un futuro incerto

Gli effetti a lungo termine della Brexit e delle riforme economiche sulla crescita potenziale del PIL del Regno Unito sono altamente incerti. L'impatto delle frizioni commerciali sulla crescita del PIL del Regno Unito dipenderà da diversi nodi che devono ancora essere sciolti, come il nuovo quadro per la fornitura di servizi finanziari nell'UE. Allo stesso modo, l'impatto delle riforme sulla crescita della produttività dipenderà fortemente dalla profondità, dall'ampiezza e dall'accettazione politica di tali riforme.

Le frizioni commerciali peseranno sicuramente sul PIL del Regno Unito per qualche tempo, anche dopo che la pandemia sarà finita. D'altra parte, se il governo sfrutta appieno l'autonomia normativa concessa dall'uscita dall'UE e utilizza anche lo slancio politico per riformare settori economici non correlati, gli effetti positivi sulla crescita potenziale del PIL potrebbero essere economicamente significativi e visibili nei dati entro due o tre anni. Qualsiasi indicazione sul fatto che questo sia il percorso verso cui si sta dirigendo il Regno Unito si tradurrà probabilmente in una curva dei rendimenti dei Gilt più ripida e in un rafforzamento della sterlina nei confronti dell'euro rispetto ai livelli attuali nel medio termine.

 

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