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Settembre 2022 / INVESTMENT INSIGHTS

Mercati, il cambio di regime richiede nuove idee

C'è ancora potenziale di generazione di alfa per chi si adatta al nuovo paradigma

L’economista Paul Samuelson disse una volta: “Quando la realtà cambia, io cambio idea. E voi cosa fate?”

Molte realtà economiche sono cambiate negli ultimi trimestri. E, in effetti, la mia esperienza quotidiana mi dice che stiamo vivendo un cambiamento di paradigma negli investimenti. Stiamo passando da un mondo di disinflazione benigna a uno di inflazione crescente. Da un contesto di tassi d’interesse molto bassi a un contesto di tassi in aumento. Da un lungo periodo di bassa volatilità a un periodo in cui la volatilità sarà probabilmente elevata. Dalla globalizzazione alla de-globalizzazione, o “friendshoring” per dirla con le parole dell’ex presidente della Federal Reserve (Fed) Janet Yellen. Da una liquidità massima a una stretta della liquidità. E, cosa forse più importante, da un’epoca di valutazioni azionarie e obbligazionarie elevate a un periodo caratterizzato da livelli più vicini agli standard storici (Figura 1). 

Fuori il vecchio, avanti il nuovo

(Fig. 1) Il cambiamento di paradigma negli investimenti 

Il cambiamento di paradigma negli investimenti

Al 31/08/2022. 
Fonte: T. Rowe Price. 

Cosa possono fare gli investitori?

Imparare dal passato 

Per capire il presente è (talvolta) utile studiare il passato. A metà degli anni ‘60, ad esempio, l’inflazione iniziò a crescere dopo un lungo periodo di livelli sostanzialmente bassi. Continuò a salire per tutti gli anni ‘70 e per i primi anni ‘80, in un periodo che divenne noto come Grande Inflazione e che comprese quattro recessioni, due gravi crisi energetiche, un lungo periodo di stagflazione e livelli di controlli sui salari e sui prezzi mai visti prima in tempi di pace.

Per capire il presente è (talvolta) utile studiare il passato.

La Grande Inflazione durò fino al 1982, ma i semi della sua inversione furono gettati quattro anni prima, con la fine del mandato di Arthur Burns alla presidenza della Fed. Durante i suoi otto anni di presidenza, Burns si era dimostrato poco incline ad affrontare il problema dell’inflazione ed era stato da molti ritenuto una pedina politica. Per volontà del Presidente Nixon, Burns tagliò i tassi di interesse proprio quando avrebbero dovuto rialzarli, alimentando un boom economico negli Stati Uniti in vista delle elezioni del 1972. 

Nel 1978, George William Miller sostituì Burns, ma fu Paul Volcker, che assunse la presidenza della Fed nel 1979, a segnare la fine della Grande Inflazione. Volcker, che aveva intuito il ruolo fondamentale della banca centrale nella lotta all’inflazione, rialzò immediatamente i tassi di interesse. Questo portò alla dolorosa recessione del 1980-1982, provocando proteste diffuse e attacchi politici, ma introdusse anche una nuova era di disinflazione.

Oggi stiamo assistendo ad alcune analogie. Il periodo di inflazione attuale, come quello di mezzo secolo fa, è iniziato dopo diversi anni di bassa inflazione. E anche negli anni ’70, come oggi, furono gli shock dei prezzi energetici e alimentari globali a peggiorare la situazione. Stiamo quindi per entrare in un nuovo periodo di Grande Inflazione? 

Non credo. Malgrado le analogie tra il presente e gli anni ‘70 e i primi anni ‘80, ci sono anche differenze significative. Negli anni ‘70, la Fed subiva forti pressioni per non adottare politiche anti-inflazionistiche che avrebbero rallentato la crescita; oggi, invece, il presidente della Fed Jerome Powell gode di un notevole sostegno da parte della Casa Bianca e del Congresso nei suoi sforzi per ridurre l’inflazione. 

Il fatto che la maggior parte delle principali banche centrali sia oggi indipendente, ossia in grado di prendere decisioni di politica monetaria basate su dati economici piuttosto che su interessi politici a breve termine, ci pone in una migliore posizione nella lotta all’inflazione rispetto agli anni ‘70 e all’inizio degli anni ‘80. Credo che la situazione rimarrà tale. Sarebbe insensato perdere la credibilità in materia di inflazione conquistata con tanta fatica nel corso dei decenni. 

Una nuova era per i mercati finanziari

C’è però un rovescio della medaglia. Se l’indipendenza delle banche centrali e il loro focus sull’inflazione sono fattori positivi per l’economia, non lo sono necessariamente per i mercati finanziari, almeno nel breve periodo. Negli ultimi 14 anni, le banche centrali hanno consapevolmente fatto in modo di mantenere alti i prezzi degli asset nell’ambito dei loro pacchetti di stimolo. Ora le cose sono cambiate. Almeno per il momento, sembra che le banche centrali siano meno preoccupate per i portafogli azionari che per la riduzione dei prezzi degli asset con l’obiettivo di inasprire le condizioni finanziarie mantenendo al contempo il buon funzionamento dei mercati finanziari. 

... le banche centrali sono meno preoccupate per i portafogli azionari che per la riduzione dei prezzi degli asset...

È questo il cambiamento di paradigma a cui mi riferivo e che potrebbe avere implicazioni di lunga durata. Nel vecchio paradigma era possibile avere successo individuando i migliori asset in ciascun settore e osservando il loro valore aumentare. Nella nuova era difficilmente sarà così. I tempi delle valutazioni elevate, alimentate dalla generosità delle banche centrali, sono finiti. Nella nuova era, gli investitori dovranno probabilmente essere più sensibili alle valutazioni rispetto al passato. Le abilità tradizionali, come la capacità di individuare i driver dei titoli e il rischio idiosincratico, continueranno ovviamente a essere essenziali, ma potrebbero essere necessari quadri d’investimento più sofisticati e olistici che tengano conto di fattori macroeconomici, sociali e geopolitici più ampi, oltre che dei fondamentali societari.

Investire in una nuova era

(Fig. 2) Quattro dimensioni interdipendenti per investire con successo 

Quattro dimensioni interdipendenti per investire con successo

Al 31/08/2022. 
Fonte: T. Rowe Price. 

Rimanere inerti non è una strategia. Come disse notoriamente l’investitore Martin Zweig: “Va bene sbagliare, ma è imperdonabile perseverare nell’errore”. Gli investitori che avranno successo in questa nuova era saranno probabilmente quelli in grado di modificare al meglio i propri processi alla luce della nuova realtà. 

In pratica, ciò significa riflettere sul costo opportunità di ogni posizione detenuta. Significa ascoltare i punti di vista degli altri, in particolare quelli che non sono in linea con i propri. Significa assumersi soltanto i rischi che corrispondono veramente alla propria profonda convinzione, per evitare di compromettere il proprio portafoglio con rischi imprevisti. Significa rimanere attivi, perché la volatilità è nostra amica.

Ci troviamo probabilmente nella fase iniziale di un ciclo di revisione negativa degli utili, è quindi importante che gli investitori testino i modelli e capiscano dove gli utili sono più vulnerabili. In che modo la crescita dell’inflazione e dei tassi d’interesse influirà sulle società che possedete? Queste società contano su un flusso continuo di finanziamenti a basso costo, o dipendono eccessivamente dalle stock option per attirare i talenti? I loro livelli di leva operativa e finanziaria sono sani? 

Le dinamiche di mercato sono cambiate, probabilmente in modo permanente, ma questo non significa che non ci sia alfa da ottenere. Sono convinto che gli investitori attivi e in grado di adattarsi al nuovo paradigma abbiano buone possibilità di uscire da questo periodo difficile più forti che mai.

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