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Maggio 2024 / INVESTMENT INSIGHTS

Momentum: non abbiate paura di chi guadagna

La storia dimostra che i mercati guidati dal momentum non portano necessariamente a flessioni di mercato

La filosofia YOLO e la paura FOMO guidano il MOMO?

Gli acronimi non mi piacciono, ma in questo caso non se ne può fare a meno. Il momentum factor (MOMO) sta registrando performance migliori rispetto a qualunque altro periodo continuativo di 12 mesi almeno dai primi anni Novanta. Negli ultimi mesi, avreste ottenuto ottimi risultati se aveste scelto i titoli migliori sulla base delle performance precedenti. I titoli in crescita continuano a crescere, a quanto pare.

Ma non dovrebbe essere così. La teoria finanziaria, e qualunque manuale per gestori del portafoglio, spiegano che le performance passate non sono indicative dei risultati futuri. Inoltre, gli alberi non crescono fino al cielo.

Oppure sì? Cosa succederebbe se i loro frutti assumessero la forma di chip informatici ad alta prestazione per l’intelligenza artificiale? Si rischierebbe di perdere quella che potrebbe essere una di quelle opportunità che capitano una volta nella vita in una nuova tecnologia?

Quindi, in questo momento la domanda è (a mio modesto parere):

questa fase di mercato orientata al momentum è guidata dalla filosofia YOLO (“you only live once”, cioè si vive solo una volta), e dalla paura FOMO (“fear of missing out”, ossia la paura di perdersi qualcosa”)?

La nostra analisi

Nelle ultime due settimane, i miei colleghi Andrew Tang, Associate Portfolio Manager, Charles Shriver, co-presidente dell’Asset Allocation Committee e Portfolio Manager, Stefan Hubrich, Responsabile Global Multi-Asset Research, Rob Panariello, Associate Director of Research ed io abbiamo approfondito il tema del momentum factor.

I nostri risultati sono in controtendenza. Andrew ha lavorato giorno e notte e durante i weekend per soddisfare la nostra estenuante richiesta di rifare i calcoli e testare metodologie diverse per verificare le nostre conclusioni in tempo per la riunione mensile dell’Asset Allocation Committee.

Ecco che cosa abbiamo scoperto:

  • storicamente, un momentum elevato è un segnale positivo per i rendimenti del mercato. (Tuttavia, si tratta di un risultato medio in presenza di code spesse, di cui parleremo tra poco.)
  • un momentum elevato non sempre indica una speculazione eccessiva. Spesso il momentum e la qualità (forza dei fondamentali) sono correlati, come adesso. Se il momentum funziona, non sempre è perché i “fondamentali non contano.”

Io sono giunto a questa conclusione: non bisogna aver paura del MOMO. Non sto dicendo che dovreste fare incetta di asset rischiosi con una posizione concentrata nelle large-cap tecnologiche. Ma non mi farei prendere dal panico. Un approccio bilanciato con un portafoglio interamente investito e un ribilanciamento disciplinato dal growth al value, che comporta un’inclinazione verso il value, sembra giustificato. Questo è il posizionamento del nostro Asset Allocation Committee.

Esaminiamo la ricerca che ci ha portato a queste conclusioni - e perché i risultati ci hanno sorpreso.

Efficacia del momentum

Abbiamo creato un nuovo parametro per valutare quella che definiamo “efficacia del momentum”. Anziché usare il tradizionale approccio accademico per la costruzione dei fattori long/short, abbiamo usato un metodo più semplice e intuitivo.

Abbiamo simulato quello che probabilmente farebbe l’investitore momentum ingenuo: analizzando le statistiche sulla performance mensile, abbiamo creato un paniere dei 10 componenti principali dell’indice S&P 500 in base ai rendimenti degli ultimi 12 mesi. Li abbiamo tenuti, prima di ribilanciare il portafoglio il mese successivo.

Per normalizzare i rendimenti di mercato, abbiamo calcolato il contributo mensile del paniere momentum al rendimento totale dell’indice S&P 500.

Infine, abbiamo calcolato la media mobile a 12 mesi di questo parametro.

In pratica, abbiamo replicato questo metodo per calcolare l’efficacia del fattore “qualità” (classificato in base alla redditività del capitale proprio) e del fattore “guadagni negativi” o “junk” (spazzatura, classificato in base agli utili peggiori). Il grafico seguente mostra che l’efficacia del momentum è ai massimi storici, in base a dati che risalgono ai primi anni Novanta.

(Fig. 1) Il momentum funziona?

(Fig. 1) Il momentum funziona?

A scopo esclusivamente illustrativo.

(Fig. 2) Efficacia del momentum

(Fig. 2) Efficacia del momentum

Agosto 1990 - Febbraio 2024.
Fonte: Standard & Poor’s, IDC. Analisi di T. Rowe Price.

Vari fattori determinano l’efficacia del momentum. La speculazione eccessiva (FOMO) è uno di questi. Tuttavia, anche il miglioramento dei fondamentali tende a favorire il momentum.

Dal grafico seguente emerge che il momentum e la concentrazione di mercato tendono a coesistere. Qui, definiamo la concentrazione come la percentuale dei rendimenti del mercato degli ultimi 12 mesi generata dai 10 componenti che hanno offerto il maggior contributo. Di recente, i guadagni dell'S&P 500 sono stati quasi interamente trainati da una manciata di titoli tecnologici large cap. La concentrazione, come l’efficacia del momentum, è ai massimi storici. Il paniere momentum ora è composto da titoli large-cap. La società di ricerche sell-side Piper Sandler ha dimostrato che il peso dei titoli a momentum elevato nell’indice è ai massimi storici dal 1929.1

Se i titoli migliori continueranno a esserlo per sempre, sarà una manciata di aziende a dominare il mondo. Gli investitori passivi che puntano il loro denaro su titoli in proporzione alla capitalizzazione di mercato probabilmente esasperano questo effetto. Tuttavia, questo dibattito non rientra nell’ambito della nostra analisi.

(Fig. 3) Efficacia del momentum e concentrazione

(Fig. 3) Efficacia del momentum e concentrazione

Agosto 1990 - Febbraio 2024.
Fonte: Standard & Poor’s, IDC. Analisi di T. Rowe Price.

Adesso la domanda da porsi è se si tratta di una bolla. Stiamo per assistere a un crollo dei tecnologici large cap? Non necessariamente. Prendiamo la tabella seguente. Il rendimento medio a termine a 12 mesi dell'S&P 500 era del 15,4% quando l’efficacia del momentum era nel quintile superiore, come adesso.

Tuttavia, come lo statistico che aveva la testa nel congelatore e i piedi nel forno e diceva di stare mediamente bene, la percentuale del 15,4% è fuorviante. È la combinazione tra il solido momentum continuo della metà degli anni Novanta e la ripresa durante il COVID (2020-2021) e lo spettacolare crollo dell’efficacia del momentum seguito allo scoppio della bolla di internet, nel 2000.

(Fig. 4) Performance media a termine a 12 mesi dello S&P 500 come funzione dell’efficacia del momentum

(Fig. 4) Performance media a termine a 12 mesi dello S&P 500 come funzione dell’efficacia del momentum

Agosto 1990 - Febbraio 2024.
La performance passata non è un indicatore attendibile dei risultati futuri.
Fonte: Standard & Poor’s, IDC. Analisi di T. Rowe Price.

Di seguito viene mostrata la distribuzione dei rendimenti di mercato a termine a 12 mesi quando l’efficacia del momentum era nel quintile superiore. La media è del 15,4%, ma è opportuno osservare la spessa coda di sinistra, dovuta perlopiù al crollo del 2000.

Prima del crollo del 2008, c’era un segnale sul radar: l’efficacia del momentum era rimasta nel quintile superiore per un mese, nel settembre 2007. Negli anni che hanno preceduto la crisi finanziaria, tuttavia, l’efficacia del momentum era debole. Era nel quintile inferiore prima del crollo, nell’autunno del 2008. Era nel quintile inferiore anche prima delle fasi di mercato ribassiste del 2018 e del 2022.

Quindi, nei momenti in cui l’efficacia del momentum era elevata, in molti casi le performance del mercato dei 12 mesi successivi sono state buone. Quando l’efficacia del momentum si trovava nel quintile inferiore, si sono verificate tre fasi ribassiste (2008, 2018, 2022).

(Fig. 5) Distribuzione dei rendimenti di mercato a termine a 12 mesi dell’indice S&P 500 quando l’efficacia del momentum era nel quintile superiore

(Fig. 5) Distribuzione dei rendimenti di mercato a termine a 12 mesi dell’indice S&P 500 quando l’efficacia del momentum era nel quintile superiore

La performance passata non è un indicatore attendibile dei risultati futuri.
Agosto 1990 - Febbraio 2024.
Fonte: Standard & Poor’s, IDC. Analisi di T. Rowe Price.

Io credo che la situazione attuale non indichi necessariamente un rischio di bolla. Il grafico seguente offre ulteriori evidenze a supporto di questa visione.

Nel 1999 e all’inizio del 2000, l’efficacia del momentum era correlata a quella che potremmo definire efficacia dei guadagni negativi, più che all’efficacia della qualità. Si è trattato di un “rally dei titoli spazzatura”.

Ora la situazione è opposta. Le società del paniere momentum hanno fondamentali solidi. La correlazione tra l’efficacia del momentum e della qualità ricorda gli anni 1996-1997, non il 1999. L’efficacia del momentum è più estrema ora di quanto non lo sia mai stata, ma in una certa misura lo è anche il “momentum” dei fondamentali. NVIDIA sta guadagnando molto.

I suoi utili sono aumentati del 486% rispetto all’anno precedente nel quarto trimestre.2 Dato che gli utili sono cresciuti più in fretta del prezzo delle azioni, il rapporto prezzo/utili (P/E) di NVIDIA è diminuito, non aumentato.

(Fig. 6) Non sempre il momentum è la causa dei mercati ribassisti (Parte II)

(Fig. 6) Non sempre il momentum è la causa dei mercati ribassisti (Parte II)

Agosto 1990 - Febbraio 2024.
Fonte: Standard & Poor’s, IDC, Compustat. Analisi di T. Rowe Price.

Tuttavia, dobbiamo osservare se l’efficacia del momentum e quella della qualità iniziano a divergere. Allora sì che dovremo iniziare a preoccuparci.

E no, un ampliamento del mercato non comporta necessariamente un rally dei titoli spazzatura. Ci sono molte società value e small cap con un’elevata redditività del capitale proprio.

Un’ultima argomentazione contro la narrativa del panico: la valutazione relativa del paniere momentum non si avvicina nemmeno al livello del 1999-2000, come mostrato sotto.

In conclusione, il momentum e la concentrazione di mercato sono da tenere d’occhio, ma noi restiamo interamente investiti e manteniamo la diversificazione tra growth e value.

(Fig. 7) Rapporto di momentum: rapporto prezzo/utili tra i primi 10 e lo S&P 500 dei prossimi 12 mesi (NTM P/E)

(Fig. 7) Rapporto di momentum: rapporto prezzo/utili tra i primi 10 e lo S&P 500 dei prossimi 12 mesi (NTM P/E)

Settembre 1989 - Febbraio 2024.
Fonte: Standard & Poor’s, IDC, Compustat. Analisi di T. Rowe Price.

 

(Fig. 8) Performance media a termine a 12 mesi per quintile di efficacia del momentum

(Fig. 8) Performance media a termine a 12 mesi per quintile di efficacia del momentum

La performance passata non è un indicatore attendibile dei risultati futuri.
Agosto 1990 - Febbraio 2024.
Fonte: Standard & Poor’s, IDC, GPAR. Analisi di T. Rowe Price.

 

Appendice

Andrew è stato così veloce e preciso nell’eseguire queste analisi che abbiamo continuato a sommergerlo di domande. Qui sotto trovate una sintesi del Q&A. Segue una tabella esplicativa. 

Q: Cosa è successo ai titoli del paniere momentum quando il momentum era estremo (guardando ai 12 mesi successivi)? 

A: Le conclusioni sono simili a quelle che abbiamo tratto per i rendimenti di mercato: in media i titoli momentum hanno generato buone performance, ma con una spessa coda a sinistra, quando sono crollati dopo i rally dei titoli spazzatura. 

Q: Questa analisi indica qualcosa sulla contrapposizione tra value e growth? 

A: Non abbiamo trovato nulla di definitivo nei dati. A volte i titoli tecnologici guidano il momentum, ma non sempre. Al di fuori del campione, l’efficacia del momentum è stata un segnale relativamente debole della contrapposizione tra rendimenti value e growth. 

Q: E per quanto riguarda il confronto tra small e large cap? 

A: Come si evince dalla nostra analisi della concentrazione di mercato, i titoli large‑cap tendono a generare performance migliori al di fuori del campione quando l’efficacia del momentum è elevata.  

Q: E tra titoli globali e statunitensi? 

A: Quando l’efficacia del momentum è nel quintile superiore, i titoli USA tendono a sovraperformare i titoli non statunitensi. 

 

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